piatto

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Il piatto reca a tergo il marchio della Ceramica Lodigiana e l'iscrizione "GIUSEPPINA SACCONAGHI", pittrice monzese del Novecento attiva nella scia del divisionismo ma anche disegnatrice e dedita all'incisione. Potrebbe essere avanzata l'ipotesi che Giuseppina Sacconaghi, detta Pina Sacconaghi, iscritta dal 1924 all'Accademia di Brera e assidua dei corsi di decorazione, si fosse cimentata nella decorazione ceramica nell'ambito della fiorente manifattura lodigiana. A Lodi sono attestate fornaci fin dal Medioevo e i suoi ceramisti furono richiesti anche fuori dalla loro patria. Il secolo XVIII segna l'apogeo della maiolica lodigiana. Al nome di Rossetti, noto anche in Piemonte e in Francia, si aggiungono altri nomi di celebri fabbricanti e decoratori, che si inserirono nel contesto europeo. I più importanti ateliers furono quelli dei discendenti dei Coppellotti e della famiglia Ferretti. Antonio Ferretti si segnala per le sue innovazioni tecnologiche: importò la tecnica del piccolo fuoco e i modelli decorativi tedeschi e francesi, rielaborati con squisita raffinatezza. Introdusse pure la terraglia come materiale plastico. Dopo la crisi post-napoleonica, la ceramica lodigiana ritornò in auge per opera dei Dossena (seconda metà del secolo XIX). Dopo il declino dei Dossena, all'inizio del Novecento, la tradizione lodigiana continuò con altre fabbriche, come quelle dei Vitali, dei Mamoli, dei Pallavicini, ed è sempre viva ai giorni nostri nei produttori e nelle istituzioni che ne sono i propagatori. 
Sul cavetto decorazione con rosone centrale a petali disposti a fasce nei colori giallo, verde, blu e bianco, sulla tesa decoro ripartito a settori con motivo embricato e motivo a volute e foglie di acanto. Separa il cavetto dalla tesa una fascia con motivo a scacchiera. 
XC010-00652 
XC010-00652 

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